Il nuovo studio di Placido Cherchi si insinua in un terreno molto dibattuto dai sardi, quello della sindrome identitaria, dell'analisi dei fattori etnici che connotano un popolo e il suo sviluppo culturale. Da sempre appassionato e grande ricercatore della tematica, l'autore incanala la sua diagnosi analitica su diversi fronti, in particolare sulla lingua, come veicolo di rivendicazione di una diversità rispetto all'italianità imposta. Ma il metodo di analisi giunge a intersecare altri aspetti, dal punto di vista sociale, antropologico, storico, che permettono una visuale a più ampio raggio e determina una scelta di percorso a volte infido, ma sicuramente proteso a una meta che sfati alcuni dogmi del relativismo contemporaneo e imperante. Placido Cherchi, riconosciuto come uno dei più fini intellettuali contemporanei, attraversa così le varie stagioni dell'identità nazionale sarda passando dalla questione della lingua alla questione della forma mentis, dalla "vergogna di sé" lungamente patita all'"autocoscienza del valore" finalmente ritrovata, in un lucido excursus che getta nuove prospettive sul tema.
La prima guerra mondiale fu una guerra strana. Nessun combattente sul campo di battaglia aveva un quadro preciso delle ragioni che lo avevano portato lì. E ancora oggi, sui libri di storia, si elencano molte concause, ma nessuna di esse sembra essere sufficiente per scatenare una guerra che costò quasi 10 milioni di morti e 21 milioni di feriti. Fu una guerra combattuta con armi moderne e strategia ottocentesche, in cui le borghesie occidentali di lanciarono con entusiasmo salvo poi rimanere sconvolte e cambiate per sempre. In questo volume si analizzeranno gli scenari prebellici, le strategie e le tattiche utilizzate sui vari fronti, gli armamenti, le ricadute psicologiche sui combattenti e i mutamenti economici e sociali che avrebbero portato al ventennio delle grandi dittature con, sullo sfondo, il secondo conflitto mondiale.